Nel romanzo scritto da Alessandro Manzoni una prima importante suddivisione tra i personaggi positivi e negativi permette immediatamente di porre agli antipodi Renzo e Lucia nei confronti di Don Rodrigo dal momento che loro sono le figure peincipali della vicenda. Attorno a questi, però, ne gravitano altri caratterizzati ugualmente da un profilo positivo o negativo: e ci riferiamo a padre Cristoforo al famigerato Innominato.
Se il francescano simboleggia l’aiuto divino che intercede prontamente e con costanza a favore dei promessi sposi, l’Innominato, questo personaggio misterioso e temuto, è l’incarnazione di quella malvagità a cui neanche l’arrogante Rodrigo è in grado di aspirare. Un aspetto molto curioso che interessa il personaggio è la sua origine che pare essere legata ad una figura realmente esistita tra il 1500 e il 1600: si trattava di un uomo famoso proprio per le sue malefatte a cui lo stesso Manzoni potrebbe essersi ispirato per costruirne la personalità. Nel romanzo l’Innominato è un uomo sulla soglia di sessant’anni, un età in cui, generalmente, diventa naturale iniziare a fare il bilancio della vita che si è vissuta fino a quel momento. Nelle vicende narrate all’interno della storia, però, un’idea circa la condotta di vita dello stesso ci viene data grazie alla descrizione della fama che precede l’uomo ovunque egli vada e attraverso cenni a quelle che sono state le sue azioni più eclatanti. E naturalmente un personaggio di questo calibro non poteva che meritare una caratterizzazione tipica di un uomo di spessore e di carattere tipici di chi ama comandare e primeggiare senza troppo badare al rispetto delle leggi, alla gistizia e all’onestà. La descrizione del luogo in cui vive, un castello arroccato in cima ad una collina che sovrasta tutta la valle sottostante, diventa anche l’espressione di questo senso di potere e di controllo che viene reso tipico della figura dell’Innominato da parte di Manzoni. Ma, una volta inquadrate le sue componenti caratteriali e compreso il momento della narrazione in cui effetua il suo ingresso ad effetto, diventa soprendente rilevare come il personaggio dell’Innominato sembra non voler continuare, durante l’evolversi della vicenda, a seguire un filone comportamentale tipico del malvivente incallito e pericoloso: ce ne accorgiamo, in modo particolare, quando la narrazione si sofferma sull’incontro tra l’uomo e la povera Lucia rapita e condotta dal Nibbio a castello. Ciò che lo colpisce in modo particolare sono le parole del suo spietato sevitore che confessa di essere rimasto molto colpito dalla giovane al punto di averne provato compassione: per l’Innominato cresce una curiosità viscerale che lo porterà a fa visita alla prigioniera nonostante la promessa, fatta precedentemente a se stesso, di non vederla. L’uomo presentiva che nel gesto compiuto a favore di Rodrigo si celava un pericolo, una situazione che avrebbe potuto intaccare il suo stato di cose. Ma questo presentimento non era di certo legato a capacità paranormali, bensì ad uno stato morale e psichico che stava evolvendo in lui già da tempo e che stava accompagnandolo verso il pentimento e la repulsione per tutte le gesta criminali compiute fino a quel momento. Così l’incontro con Lucia costituirà la rottura definitiva con il passato e l’inizio di uno stato morale inedito: le parole supplichevoli, la richiesta di un gesto misericordioso in cambio di perdono, la promessa di una preghiera in suo favore e la dolcezza di quelle parole sconvolgono l’Innominato che mai si sarebbe aspettato una reazione del genere da una persona sottoposta alla sua oppressione. Così Dio è richiamato alla mente del nostro personaggio: nonostante non abbia mai avuto un vero rapporto con l’entita celeste, nonostante non si sia mai preoccupato se credervi o meno, in quel momento riconosce profondamente di essere sottoposto al suo giudizio quindi sente l’incredibile peso degli errori commessi in passato. E quella sera, chiuso in camera, il suo sonno viene sconvolto e, a tratti, reso impossibile da pensieri cupi che riguardano la morte, l’aldilà, la violenza e la malvagità che aveva dominato la sua vita fino a quel momento. In questa fase, che è centrale nella vita dell’uomo, Lucia è subentrata testimoniandogli con la sua fede semplice, sincera e forte che Dio esiste: “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia” sono le parole della giovane da cui si comprende che l’accetazione di Dio che l’innominato farà non può che passare dall’amore verso il prossimo. D’altronde ne avrà conferma anche durante l’importanissimo incontro con Federigo Borromeo: un altro momento fondamantale della narrazione e della vita del personaggio. L’uomo raggiunge il cardinale, da poco arrivato nel piccolo paese che si trova nei pressi del suo castello, e li non riesce a trattenersi dal manifestare quelli che sono i due forti sentimenti che constrastano nel suo animo. La confessione del male che ha fatto esprime una chiara volontà di pentimento, ma i momenti di mutismo che anticipano la conversazione testimoniano anche un certo imbarazzo dovuto all’incapacità di mostrarsi sottomesso. Quindi concludiamo con il ricordare anche il momento in cui l’uomo congeda le “sue truppe”, ossia tutti quei bravi che fino a quel momento erano stati al suo servizio e che avevano rappresentato il suo braccio armato e violento. L’Innominato confessa la sua conversione a Dio e odina agli uomini di bloccare qualsiasi azione fosse stata comandata loro per evitare di portarli ad operare contro la legge celeste. E dopo il discorso che lascia tutti i presenti esterrefatti, ma sempre convinti della bontà e del valore del loro capo, il famgerato brigante si rinchiude nella sua stanza e messosi a letto si addormenta immediatamente. |