Caratterizzazione sociale
Don Abbondio è uno dei rappresentanti del ceto ecclesiastico. Egli è un parroco di paese troppo preoccupato a risolvere i propri problemi per essere il punto di riferimento dei suoi compaesani.
Presentazione
Incontriamo don Abbondio nel I cap. del romanzo, dove Manzoni ci dà l’opportunità di comprendere meglio il personaggio grazie ad una breve digressione storica sulla sua vita. «.. Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di leone. Ma, fin da’ suoi primi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior condizione, a que’ tempi, era quella d’un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d’esser divorato. […] Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s’era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d’esser in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro. Aveva quindi assai di buon grado ubbidito ai parenti che lo vollero prete. […]Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere in quelli che non poteva scansare. Neutralità disarmata in tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui…»
Ritratto psicologico
La storia di don Abbondio è la storia della sua paura e delle varie e diversissime manifestazioni attraverso le quali questa sua debolezza si rivela. Sotto tale aspetto, il personaggio viene studiato dall’autore con sottile penetrazione e sorridente arguzia, e con una tale sicurezza di tratti da fare di lui la figura più famosa del romanzo. La vita di don Abbondio si svolge tutta nell’orbita di un personaggio, Don Rodrigo, e sotto l’influsso di un incomodo difetto, la paura: paura quindi di Don Rodrigo, delle sue minacce e della sua forza. La nostra conoscenza di don Abbondio ha inizio quando, durante la sua famosa passeggiata serale, si incontra con due bravi di Don Rodrigo, e da lui ci congediamo quando, esultante per la morte del tiranno, si decide finalmente di unire i due giovani in matrimonio. Il Manzoni, nonostante l’uso dell’ironia come arma di disapprovazione per l’atteggiamento estrinseco di don Abbondio nei confronti della religione, in tutto il romanzo non è mai aspro con lui («il nostro don Abbondio»), poiché in caso contrario, l’asprezza avrebbe sminuito la comicità del personaggio. Egli fa strazio del suo personaggio ma nello stesso tempo è indulgente verso le sue debolezze.
Tipo/individuo
Don Abbondio non è un uomo cattivo, perché, per essere cattivi, occorre una buona dose di intraprendenza e coraggio, quasi quanta n’è richiesta per essere integralmente e cristianamente buoni. Ma don Abbondio non è neppure buono. Egli vive in un mondo tutto suo, costretto nella paura; soffre e si arrovella, e passa momenti che non si augurerebbero a nessuno. È un tipo, che non riesce a imparare dalle vicende che lo colpiscono. Egli non solo teme il pericolo, ma vede ostacoli e insidie anche dove non ci sono, e si crea pregiudizi e timori infondati, rinchiudendosi in un ottuso egoismo, che gli impedisce, nel modo più assoluto, di distinguere con serenità il bene dal male. |