La struttura
La struttura di questo capitolo è costituita da tre scene differenti: Prima scena: La riunione in casa di Lucia Seconda scena: Il colloquio di Renzo con il dottor Azzeccagarbugli Terza scena: La visita di fra Galdino ad Agnese e Lucia Oltre a questa caratteristica possiamo trovare nel capitolo una struttura ad anello per quanto riguarda i personaggi e i rapporti che intercorrono tra di essi. Di seguito vediamo, per ogni sequenza, i personaggi "interessati". La struttura è ad anello in quanto prima ed ultima sequenza coincidono. Prima sequenza: Renzo-Lucia-Agnese Seconda sequenza: Renzo-Serva del dottor Azzeccagarbugli Terza sequenza: Lucia-Angese-fra Galdino Quarta sequenza: Renzi-Lucia-Agnese Un'ultima caratteristica da tenere in conto è che per ogni sequenza vi sono sempre tre personaggi che vi partecipano.
Il tempo e lo spazio
Anche se al lettore può sembrare che sia passato molto tempo dall'incontro tra don Abbondio e i bravi, in realtà siamo a meno di 12 ore da questo incontro (che è avvenuto la sera di martedì 7 novembre): è la mattina di mercoledì 8 novembre. Questa sensazione è determinata dalla dilatazione del tempo causata dal fatto che gli avvenimenti dell'8 novembre occupano due capitoli; il secondo ed il terzo. Naturalmente non dobbiamo dimenticarci delle frequenti digressioni di vario genere e alcune descrizioni. Per quanto riguarda lo spazio possiamo notare una dualità tra spazi interni (chiusi) ed esterni (aperti). Nella prima categoria rientra la stanza a pianterreno della casa di Lucia; è il rifugio, il luogo tranquillo in cui regna la sicurezza. Nella seconda invece rientra la strada per Lecco; qui Renzo è preda della rabbia e della disperazione. Un sentimento che cesserà di "vivere" in Renzo soltanto dopo la notte passata sull'Arno. Per questa ragione lo spazio non è soltanto una scenografia alle azioni del romanzo, bensì un importante ritratto di una precisa situazione psicologica (tranquillità vs rabbia) e sensazioni (per questo vedere l'esordio del quarto capitolo in cui domina la malinconia). Sempre nella seconda categoria rientra anche lo studio del dottor Azzeccagarbugli, un ambiente in cui domina l'ingiustizia (anche qui abbiamo quindi un importanza notevole dello spazio che, come abbiamo già potuto vedere, non è ridotto a semplice cosa).
Le tecniche narrative
Manzoni è un maestro nell'utilizzare diverse tecniche narrative in un solo capitolo. Nel terzo infatti notiamo la compresenza del discorso indiretto ("E con voce rotta dal pianto raccontò come, pochi giorni prima, mentre tornava alla filanda..., le era passato innanzi don Rodrigo") e il discorso raccontato ("Giunto al borgo, domandò dell'abitazione del dottore; gli fu indicata, e v'andò"). Da non dimenticare ovviamente l'utilizzo del flash-back: Lucia racconta a Renzo e alla madre l'incontro e le molestie di don Rodrigo (quindi un racconto che riguarda fatti avvenuti in passato: flashback) con il duplice scopo di informare gli altri personaggi, e il lettore, di un avvenimento utile per capire la causa del rinvio delle nozze e per permettere al lettore di farsi un'idea più precisa del personaggio di don Rodrigo.
I personaggi e le tematiche
Iniziamo dalle tematiche dominanti di questo terzo capitolo. La principale non solo del capitolo, ma dell'intero romanzo, è la giustizia che si materializza nella figura del dottor Azzeccagarbugli. L'avvocato "alto, asciutto, pelato, col naso rosso, e una voglia di lampone sulla guancia" (la descrizione di Agnese) rappresenta l'àncora di salvezza per i popolani. La rozzezza paesana si scontra contro la cultura dell'uomo di legge. Ma si tratta veramente di un vero uomo di legge? In teoria Azzeccagarbugli avrebbe dovuto garantire il trionfo della giustizia sull'illegalità esercitata da don Rodrigo nelle ripetute molestia a Lucia. Al contrario, come accade nella vita reale (e Manzoni questo lo sa bene), il dottore si interessa alla legge solo perché gli suggerisce le trappole più efficaci per sottrarre i delinquenti alla giustizia. Come don Abbondio, Azzeccagarbugli ha il terrore di inimicarsi i potenti, non a caso, non appena sente la parole di don Rodrigo, abbandona Renzo al suo destino. Questo comportamento viene duramente criticato dallo stesso Manzoni attraverso una feroce ironia che rappresenta Azzeccagarbugli come un incapace che non riesce a capire la vera natura di Renzo: lui è una vittima, non un bravo come il dottore aveva inizialmente capito. |